C’era una volta il referendum arma potente per l’emancipazione della gente. Per fare qualche esempio: quello sull’aborto, quello sul divorzio. Un’ultima puntata è stata il referendum sull’acqua pubblica. Importante anche questo, ma non decisivo come quelli epici sull’aborto e sul divorzio (dei quali dobbiamo ringraziare i radicali della fase pre-americana).
Prima di passare al patetico referendum sul numero dei parlamentari di questi giorni, dovremmo chiederci perché la questione così importante sull’acqua pubblica non è comparabile con la scelta sopra definita epica sul divorzio e sull’aborto?
Semplice: quello sull’acqua pubblica avviene in un’epoca recente, in cui lo smantellamento del welfare state è ormai un fatto compiuto, per cui, anche se la stragrande maggioranza si pronuncia per l’acqua pubblica, la verità resta che il gestore dell’acqua è comunque una società di capitali, anche se a capitale interamente pubblico. Che vuol dire? Che prima o poi le azioni finiranno in mano ai privati. Le azioni si comprano, i sigilli si rimuovono. E poco importa che l’acqua sia un monopolio naturale (e come tale da escludere rispetto al “libero mercato”).
Quindi, se i “referendum epici” sono avvenuti in un’epoca in cui ciò che si decideva si faceva davvero (e ci sono già gli integralisti che vorrebbero tornare indietro, e lavorano incessantemente), quello dell’acqua ha avuto luogo in un’epoca in cui tutto era già andato oltre, e le decisioni del popolo hanno, al limite, il valore di uno stop momentaneo.
Quanto al referendum ridicolo di questi giorni, inutile dire che il risultato del populismo è l’autoritarismo. Inutile parlare della differenza tra spreco e rappresentanza, perché forse è divenuta inutile la rappresentanza. La gente non vuole rappresentanti ma persone che abbiano il potere di trasformare il diritto in privilegio: per una politica così costruita e selezionata, meglio sarebbe istituzionalizzare le modalità di corruzione.
D’altra parte, il concetto di demos è del tutto sbagliato sin dall’inizio: perché demos non è il popolo, ma una ristretta oligarchia sotto la quale ci sono i senza rappresentanza, poi i senza diritti e poi gli schiavi. Tanto vale lasciar da parte questa sciocca superstizione e dichiarare che alle urne non si decide più nulla.

