La principale funzione di Franz Kafka, è nel suo esser divenuto simbolo degli esiti di tutta la letteratura novecentesca della crisi di certezze del positivismo di fine ‘800: troppa fiducia nel progresso, ingenuità meccanicista e determinista, inconsistenza empirica del legame tra trasformazione spirituale, progresso morale e progresso materiale.
Come la fotografia aveva affrancato la pittura dal compito di riprodurre la realtà, così adesso gli scrittori cercavano nuove funzioni: non più la semplice descrizione della realtà, ma la ricerca delle ragioni profonde dell’agire umano, aiutata adesso dalla chiave psicoanalitica che lentamente si fa strada e che l’opera di Kafka, se ancora non ne è intrisa, di certo annuncia.
La rivolta contro la mediocrità e l’ipocrisia della vita borghese è un tema ricorrente in tutta la cultura europea di questo periodo. Saranno il fascismo e il nazismo a ricondurre tutto alla stalla reazionaria; e si dovrà attendere ben oltre per rivedere l’arte irrazionale, perché le forze sedicenti progressiste hanno scelto il materialismo in filosofia e il realismo in arte, per dissimulare la possibilità di una vita spirituale libera.
Davanti alla Legge, racconto breve confluito a formare il finale del romanzo il Processo, è forse il luogo supremo del labirinto onirico di Kafka, in cui ogni illusione si disvela: la porta è per te, nessuno può impedirti di entrare. A meno che tu non sia convinto di essere inadeguato, che è esattamente ciò a cui il sistema conduce ciascuno.
