Fondazione M suggerisce l’ascolto di questo interessante approfondimento di contenuto e di suono cui il podcast della rubrica Rai qui recensita introduce.
Michele Gazich come sempre muove la fiamma del suo violino con maestria, intensità e calore. I brani sono rari e nobili, come già il titolo medesimo dell’album annuncia: Argon.
Lasciamo all’ascolto del podcast gli elementi di definizione e di analisi dei contenuti, non rinunciando però a evidenziare alcune linee sensibili che caratterizzano questo repertorio, a cominciare dalla forte impronta mediterranea, evidente per la scelta dei riferimenti sonori e letterari che costituiscono i brani.
Il riferimento bergmaniano della partita a scacchi in un bianco e nero arieggiato da musica per archi (oltre al violino dello stesso Gazich, la chitarra di Marco Lamberti e il violoncello di Giovanna Famulari): ecco la cornice narrativa dove il destino irride la morte e la morte deride il destino, dove il poeta muove un gesto politico, disperato, motivato e immotivato, irredimibile e imperdonabile.

I rimandi di lingua che talora si rendono ermetici per arrampicarsi fino alla mistica, il tentativo impossibile e dichiarato impossibile di svolgere più che qualche annotazione per ascendere alla comprensione dell’anima sono alcuni degli altri materiali di questo disco come sempre nella produzione di Gazich non facile e come sempre imperdibile.