Il Sionismo (o Zionismo o, in modo ancor più aderente alla corretta traslitterazione dall’ebraico, Tzionismo) è il nazismo del XXI secolo. In effetti, ci sono buone ragioni per considerarlo anche come nazismo del XX secolo, salvo che poi il cane ringhioso è scappato dalle mani del padrone e gli si è rivoltato contro.
S’intende dire che agli inizi, il nazismo e il fascismo erano “infiltrazioni” all’interno del movimento sindacale quando, agli inizi del ‘900, lo sciopero era davvero una potente arma di protesta e di contrattazione.
Alcune componenti più radicali, quelle del “sindacalismo rivoluzionario” (che avevano basi teoriche importanti, da Proudhon a Marx a Sorel), pretendevano di passare ad una fase più avanzata che, dalla semplice protesta, giungessero alla collettivizzazione delle risorse produttive.
Impauriti dalla possibilità che ciò si avverasse – come effetto dell’Internazionale Socialista, sotto gli influssi di Lenin e Trotzki – i grandi imprenditori (una corrente storiografica minoritaria sostiene: anche ebrei), finanziarono questi “finti socialisti” che a colpi di manganello inducevano gli operai a entrare in fabbrica.
Il resto lo avrebbe fatto poi la massoneria internazionale che, dapprima adescando l’internazionale socialista per poi corromperla dall’interno, sarebbe riuscita, alla morte di Lenin, ad imporre al successore, l’ottuso Stalin, tetragono il patto del “socialismo in un solo paese”. In questo modo, sventata la minaccia del vento proletario, il liberismo della borghesia capitalista ristabilì il suo ordine.
Questo sono, agli inizi, il nazismo e il fascismo: strumenti del capitalismo atti a colpire il movimento operaio.
Successivamente, dopo la prima reclusione di Adolf Hitler e la conoscenza in prigione del fanatico Von Sebottendorf, il futuro Kaiser si convincerà della tesi per cui Napoleone aveva sì conquistato la Francia attraverso il controllo della Massoneria: ma che questa gli era poi sfuggita di mano per effetto dei tipici giochi massonici di “gradi ridicoli” e “spostamento di loggia”.
Per non subire la stessa sorte, Hitler decise di rendere illegale la Massoneria, imponendone una uguale e contraria: il sistema delle SS controllate dalle SA e, al vertice di tutto, la Thule Gesellschaft, con l’apporto del delirio magico del suo sodale Goebbels.
Occorre avvertire che la storiografia ufficiale non accredita la tesi del finanziamento ebraico del nazismo. Fonti minoritarie indicano famiglie di banchieri come i Warburg forieri di questa operazione, che però si confonde con il piano di ripiego successivo, quando vennero emanate le leggi razziali: i Warburg sarebbero gli stessi che negoziarono l’Accordo dell’Haavara del 1933, che permise agli ebrei tedeschi in procinto di emigrare in Palestina (allora Mandato britannico) trasferendo parte dei loro beni acquistando merci tedesche destinate all’esportazione. Altrettanto dubbia è l’origine ebraica dei Bechstein, i famosi produttori di pianoforti, tra i più accesi sostenitori dell’ideologia nazista.
Come sempre, non è possibile stabilire definitivamente una verità. La tesi però è logica e conseguente e regge indipendentemente dal coinvolgimento del mondo ebraico (osservante o assimilazionista): il nazifascismo come cane da guardia del capitale che, sfuggito di mano, si rivolta contro il padrone. Ecco una chiave di volta per comprendere il XX secolo.
La stessa chiave di volta vale anche per il XXI secolo, se si considera la lezione della storia e la chiara volontà del capitale di non lasciarsi più sfuggire il cane, questa volta newspeakly d(r)og(N)ato per bene, in nome di (W)OTAN.