L’Amleto di Laforgue trova in questo ribaltamento la sua completa attualità. Con due film in omaggio: è lo stesso film, ma è meglio stravederlo nelle due versioni. Dico, per il Vostro Bene.
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Non è un dettaglio indicare che la logica del “mi piace” / “non mi piace” è completamente inapplicabile all’arte. E poiché quello di C.B. non è né teatro né cinema, per categoria residuale dev’essere arte. Quel che emerge da queste due versioni – più immediata e /passionale la prima, più scultorea ed evanescente nel bianco indelebile la seconda – è l’assoluta incompatibilità delle opere con la vita ordinaria: e proprio per questo questo modo di raccontare è l’unico che possa dire qualcosa di vero sulla realtà e non restare prigioniero della volgare istigazione di comportamenti indotti. Ci sono scene imperdibili, ma solo per chi le sa vedere. Citazioni e premonizioni, emblematica la scena della morte di Ofelia, in cui si fondono Le cimetière marin con A momentary lapse of reason, incluso l’eventuale dislivello. L’utilizzo de La gazza ladra in colonna sonora avviene in tempo parallelo 1972/1972 con Clockwork orange.
Del bianco e nero si è già detto del valore scultoreo, che traspone l’avanguardia in neoclassicismo, approdo barocco dell’impossibilità di qualsiasi rivoluzione, dove i libri di Lenin svaniscono nell’invisibile dissoluzione del bianco: ma il ribaltamento resta punto ideologico irresolubile. Avere o non avere, molto più che essere o non essere, resta questo il problema.
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