L’art. 1 della Costituzione recita “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”. Sospendiamo la riflessione sul lavoro, anticipando soltanto che questa nozione è legata ad altri nobili concetti come progresso ed emancipazione. Concentriamoci al momento sul termine “repubblica”: alla lettera del dettato costituzionale, dunque, la forma di stato che l’Italia ha scelto è la repubblica, e cioè la res publica, la cosa pubblica, il bene comune.
Qual è quindi il rapporto tra democrazia e repubblica? Il linguaggio contemporaneo stabilisce una confusione tra i due termini, ma dovremmo tornare a distinguere: perché “repubblica” è una forma di stato, mentre “democrazia” non è che un sistema elettorale.
Se “repubblica”, cioè cosa pubblica, che appartiene alla collettività, si oppone a “monarchia” che, per definizione, è dominio privato, il termine “democrazia”, cioè potere del popolo, confina pericolosamente con “demagogia” perché, come ci ha tristemente rivelato Machiavelli, il popolo è bestia e vuol essere battuto.
In questa nostra strenua ed impari battaglia per i significati delle parole, dedichiamo una riflessione all’inopportuna e deviante sostituzione del termine “repubblica” con la vaga e debole nozione di “democrazia”.
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