Vera Ambra è al di là del bene e del male. Oltre il senso comune. Ha vissuto in zone di confine, che non hanno relazione diretta con il senso estetico ordinario o con la logica della prosa. Vera Ambra può vivere soltanto dove vive la poesia, dove le contraddizioni dell’irrazionale si risolvono in meraviglia. Naturale che possa risultare incomprensibile: sempre oltre i limiti ragionevoli della realtà, sempre protesa a disegnare orizzonti incompatibili con la geometria euclidea, se non con ogni geometria.
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La poesia di Vera è la sua vita in quanto poesia, in questo senso più vera che mai perché autentica, frutto di una insopprimibile necessità espressiva, rispetto alla quale la forma, la metrica, persino il verso più libero restano tutti strumenti provvisori, inadeguati a contenere l’istanza di vita, lo slancio vitale di questa rotolante pietra di fiume, Vera Ambra.
Se c’è qualcuno cui si può accostare il modo di sentire la poesia di Vera, con i debiti spostamenti, transfert e traslazioni, questa è senz’altro Alda Merini, di cui s’intuisce, più che una consonanza di forme, un’assonanza d’origine e una certa qual isotopia di metodo. Vera si chiede “La poesia salva la vita?”
Non offre una risposta certa: non sarebbe poesia. Ma risponde comunque, dicendo: “Il compito della poesia è quello di ricordarci che nei nostri animi esiste qualcos’altro capace di tirarci fuori dalla quotidianità; capace di offrire una via di fuga dalla realtà quando diventa oppressione; capace di risvegliare sentimenti assopiti; capace di metterci in contatto con la parte più profonda che c’è in noi stessi”.
Questo sarebbe comunque ancora all’interno del confine della prosa, insufficiente per superare la diga dell’incomunicabile. La poesia è incontenibile e deve emergere, di diritto e di rovescio, non può non esondare:
Mare glauco pensiero profondo dell’amore immenso,
hai nella bianca spuma mille misteri
quando sbatti sulla scogliera deserta
centomila tremule onde.
Ardore la lenta nenia di te, Luna
che specchi tue acque luce d’argento
e nelle notti serene l’animo allieti:
non turbata; ma frizzante e salmastra
tristezza dell’anima umana,
di tutti quelli che portano un affetto
nel cuore.
Questa poesia, con qualche variante, è riportata nel volume che racchiude gli atti del convegno “Perché parlare di poesia oggi?” (un altro interrogativo interessante che raggiunge i confini della negazione e li trascende). Il volume contiene anche il MANIFESTO DEL CAMMINO POETICO, lascito finale della testimonianza poetica e umana di Vera Ambra.
La metafora del Cammino è incisione profonda nella certezza intuitiva che la vita non finisce sulla terra, che la poesia è l’ombra di una luce che proviene da un’origine che è al di là del sole; ed è la consapevolezza che la nostra Vera Ambra è ancora in cammino.
Chiudo con la dedica d’una canzone, a Vera, al suo cammino.

