Scrivere dopo l’AI

Cosa ti piace di più della scrittura?

Dire cos’è più interessante nell’atto di scrivere è un esercizio non banale, se vale introspezione e non rappresentazione.

Certamente quindi la condizione di riflessione profonda che l’atto di scrivere rende necessaria, in quanto la parola scritta possiede un persistere che non è l’elemento caratterizzante della parola pronunciata nel fluire del gesto comune di parlare.

Tuttavia, la modernità e la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale rendono discretamente vana questa affermazione.

Direi piuttosto che questa condizione post ventunesimo secolo caratterizza un nuovo livello di significato che, in certa misura, ritorna all’antico e al principale tema filosofico e teologico e cioè che non è possibile dare nessuna risposta ma che ha senso soltanto fare delle buone domande.

Questa considerazione conduce ad altri due livelli di senso.

Il primo «è che non è» più la quantità del trattato, ma piuttosto la densità di ciò che si coagula come domanda. Così il linguaggio si potrà nell’avvenire sempre più avvicinare a condizioni di maggiore libertà che sono appunto quelle della poesia in quanto brevità dell’eloquio.

Del resto, quando l’aforisma è particolarmente riuscito è poesia in prosa: e quando contiene una domanda può rasentare il sublime non richiedendo nemmeno l’utilizzo del punto interrogativo.

Il secondo livello di senso è dato dalla considerazione iperbolica che non ha nemmeno più senso scrivere un libro che non sia appunto di poesia: perché rischia di essere ad ogni momento una creazione ibrida, falsa e comunque non significativa che può essere facilmente sostituita da un elaborato dell’intelligenza artificiale.

Camminare

Quel che che resta quindi è soltanto l’afflato, quel che anche nella fisica attualmente genera una riflessione per cui non si è più attenti soltanto alla materia – protoni elettroni neutroni – ma alle condizioni energetiche cioè i quanti e, all’interno di questi, le condizioni emozionali che cominciano a ricevere la definizione di qualia.

Il secondo «è che non è» va riferito all’inutilità di scrivere un libro: affermazione fatta da uno scrittore che, per non incorrere nella degenerescenza dell’editoria moderna che utilizza/sfrutta gli “autori a proprie spese” quelli che Umberto Eco definiva appunto APS, allora, piuttosto che pretendere di esser letti per centinaia di pagine, forse è più interessante condensare l’esperienza in una poesia e addirittura non lasciarla al foglio soltanto – che Antonin Artaud definiva «l’ossario della parola» cioè il libro-sarcofago dentro il quale stanno come ossa parole morte – ma invece rendere soffio la parola e sciogliere tutto in un recitato, un recitar cantando e qui  allego questo apologetico discorso sulla superiorità del camminare rispetto al parlare, in forma di canzone.

CAMMINARE di Davide C. Crimi su #SoundCloud

n.b.: l’errore della didascalia sull’immagine “Scrivere dopo ll’AI” è generato dall’IA.

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