Sviluppo nel Mezzogiorno: strumenti di analisi

Il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno è l’opera principale della SVIMEZ e viene pubblicata annualmente dal 1974. Raccoglie i principali indicatori e gli andamenti dell’economia meridionale in numerosi settori chiave: industria, edilizia, terziario, credito, finanza pubblica, infrastrutture e trasporti, politiche del lavoro, di coesione, industriali, demografia, mercato del lavoro e popolazione. Ogni anno il Rapporto dedica un’attenzione particolare ad argomenti specifici, che trovano spazio nei focus: il ruolo del Mezzogiorno nel Mediterraneo, il federalismo fiscale, la logistica e il porto di Gioia Tauro sono alcuni esempi. Materiale di sintesi, introduzione, slides, interventi sono disponibili on line dall’edizione 2001.


POLITICHE DI COESIONE ED EUROPA, PIANO PER IL SUD
Bilancio conclusivo Fondi strutturali 2000-2006 – Con il 2010 si è concluso definitivamente il ciclo di programmazione dei Fondi strutturali 2000-2006, la cui completa attuazione finanziaria è stata realizzata grazie a un significativo ricorso all’overbooking. Dai dati finali rilevati dal Sistema nazionale di monitoraggio, infatti, risulta che per quanto riguarda il Quadro comunitario di sostegno (QCS) 2000-2006 delle regioni italiane dell’obiettivo 1 (diretto a promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo), il livello di attuazione complessivo al
30 giugno 2010 è pari, in termini di impegni, al 120,2% degli stanziamenti complessivi (45,9 miliardi di euro) e, in termini di spesa, al 105,3% essendo stati impegnati 55,2 miliardi e spesi 48,3 miliardi di euro. In relazione ai singoli Programmi, l’overbooking finanziario sui pagamenti effettuati rispetto al contributo programmato si rileva, in tutti i casi, ad eccezione del PON “Assistenza tecnica e azioni di sistema”, del PON “Pesca” e del PON “Sicurezza”.
I progetti coerenti – L’Italia, assegnataria di 28,8 miliardi di euro di contributi comunitari per il periodo 2000-2006 – diventati 63,3 miliardi grazie alle risorse nazionali di cofinanziamento (di cui 45,9 destinati alle regioni obiettivo 1) – ha potuto registrare una positiva performance finanziaria della programmazione 2000-2006 grazie all’utilizzo di «progetti coerenti» del valore di 19,4 miliardi, a fine 2009, pari al 42,3% del valore della dotazione finanziaria del QCS e corrispondenti a 15,9 miliardi di pagamenti effettuati, pari a circa il 34% della dotazione del QCS. A fine 2009
l’entità stimata delle risorse liberate che ritornano alle Amministrazioni a seguito dell’inserimento dei progetti coerenti, finanziati con risorse di altra fonte, nelle certificazioni di spesa comunitarie, è risultata pari al 27,7% del totale delle risorse programmate nel ciclo 2000-2006. Un dato che pone la questione del rispetto del vincolo di destinazione verso gli obiettivi di sviluppo per cui le risorse erano state originariamente programmate.
I Fondi e gli Assi – In relazione ai Fondi, solo lo SFOP, strumento finanziario dedicato alla pesca, presenta un livello sia degli impegni sia dei pagamenti inferiore al contributo assegnato (96,6% e 90,8%). In termini di pagamenti, il FESR mostra un avanzamento del 106,3%, con un ammontare di spesa di oltre 35 miliardi di euro, mentre il FSE registra un avanzamento del 101,6%, con un ammontare di pagamenti di oltre 6,8 miliardi di euro e il FEOGA mostra un avanzamento del 105,1%, con un ammontare di spesa di di 5,8 miliardi di euro. A livello di Assi, i dati mostrano il
raggiungimento degli obiettivi finanziari per tutte le priorità tematiche, con picchi positivi dell’Asse «Città» (che ha impegnato il 140,2% del contributo assegnato e speso il 111,8%) e i livelli più bassi di pagamento per gli Assi «Risorse Culturali» (100% del contributo assegnato) e «Assistenza Tecnica» (98,6%).
I Programmi Operativi – I Programmi Operativi Nazionali (PON) hanno effettuato pagamenti per oltre 15,05 miliardi di euro, pari al 106,8% del contributo totale, mentre i Programmi a titolarità regionale (POR) superano i 33,25 miliardi di spesa, pari al 104,6% delle assegnazioni. In relazione ai singoli Programmi – ad eccezione che per il PON «Assistenza tecnica ed azioni di sistema», per il PON «Sicurezza» e per il PON «Pesca» – si rileva un overbooking finanziario sugli impegni e si riscontrano pagamenti superiori al 100% del contributo programmato. Tra i Programmi Operativi
nazionali, la migliore performance di attuazione si registra per il PON «Trasporti» che ha erogato risorse pari al 114,2% del contributo assegnato. Tra i Programmi Operativi Regionali, è il POR Puglia a mostrare la migliore capacità di spesa, con pagamenti pari al 111,2% del contributo totale 2000-2006.
Le valutazioni dei Fondi strutturali 2000-2006

Al di là dell’avanzamento in termini finanziari, la programmazione 2000-2006 non lascia un’eredità particolarmente positiva. I risultati sono stati  significativi ma inferiori alle attese”, soprattutto per la insufficiente aggiuntività delle risorse e per  un “deficit attuativo”. La prima, riconducibile all’effetto di sostituzione che i Fondi strutturali  hanno avuto a fronte di una progressiva riduzione della spesa ordinaria per investimenti destinata al  Mezzogiorno; il secondo, derivante dall’ inadeguatezza della tempistica, dalla scarsa disponibilità  di competenze e di risorse, soprattutto di tipo progettuale, dalla mancata risoluzione di questioni organizzative e di coordinamento. I problemi di attuazione, in particolare, possono essere  considerati la causa principale per cui si è ricorso in modo massiccio ai progetti coerenti, nonché la ragione per cui si è proceduto al completamento dei soli progetti più semplici e con minore  dotazione finanziaria unitaria.Molte delle difficoltà di “realizzazione”, in particolare, le limitate capacità progettuali della pubblica amministrazione e dei potenziali beneficiari e la complessità delle procedure di attuazione si confermano come problemi ormai da tempo messi a fuoco, per i quali, tuttavia, a guardare l’avanzamento dell’attuale ciclo di programmazione, finora, non sono state identificate, né messe in opera adeguate soluzioni.
La programmazione 2007-2013 -. La strategia del “Quadro strategico nazionale” QSN 2007-2013 mira alla riduzione della persistente sottoutilizzazione di risorse del Mezzogiorno. Essa si articola in quattro macro-obiettivi, coniugati in dieci priorità tematiche incentrate su produttività, competitività e innovazione, e a loro volta articolate fra le due macro-aree, Centro-Nord e Mezzogiorno, e fra gli obiettivi comunitari di riferimento «Competitività regionale e occupazione», «Convergenza» e «Cooperazione territoriale». Complessivamente il QSN prevedeva inizialmente di mobilitare circa 60,3 miliardi di euro comprensivi del contributo comunitario e del cofinanziamento nazionale e
64,4 miliardi di FAS, per un totale di 125 miliardi di euro. Ma tale cornice programmatica unitaria non ha trovato, negli ultimi anni, conferma né condivisione nell’attuale Governo, in quanto la dotazione del FAS, a partire dal 2008 è stata fortemente ridimensionata, soltanto la componente comunitaria e la relativa quota di cofinanziamento nazionale non hanno subito ad oggi riduzioni. Quanto è stato destinato al Sud – Per quanto riguarda la componente di politica regionale
comunitaria, le risorse dei Fondi strutturali sono concentrate sulle regioni della «Convergenza»: sul totale delle risorse territorializzate, fatta eccezione per quelle riguardanti l’obiettivo «Cooperazione territoriale», il 77,5% è destinato alle regioni più arretrate – Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – che raggiunge quota 78,5% se si aggiunge la Basilicata, interessata al fenomeno di transizione (phasing out). I contributi comunitari sono destinati per quasi il 60% ad investimenti nei settori dell’energia e dell’ambiente (comprensivi degli interventi in materia di risorse idriche e rifiuti), al sostegno della competitività dei sistemi produttivi e dell’occupazione, alle reti e collegamenti ed alla ricerca e innovazione. Con riferimento ai singoli Programmi, i più dotati dal punto di vista finanziario sono il POR FESR Campania e il POR FESR Sicilia, che assorbono rispettivamente il 15,9% e il 15,1% del contributo per le regioni della Convergenza»; al POR FESR Puglia è destinato il 12,1%, mentre al POR FESR Calabria circa il 7%. Il programma di «settore» con la quota maggiore di contributo comunitario è il PON «Ricerca e Competitività» che, con il 14,3% del contributo per l’obiettivo «Convergenza» – pari a circa 3,1 miliardi di euro di contributo FESR, cui si aggiunge un pari importo di risorse di cofinanziamento nazionale, per una dotazione finanziaria complessiva di 6,2 miliardi di euro – è uno dei programmi tematici più ricchi dell’Unione nel ciclo2007-2013. 12

A che punto è la programmazione 2007-2013

L’ammontare complessivo destinato all’obiettivo «Competitività» supera i 15,8 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2007-2013: di questi, più di 9,4 miliardi di euro sono cofinanziati dallo Stato attraverso il “Fondo di Rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie” (pari al 60,01%;), mentre 3,2 miliardi sono cofinanziati dal
FESR (pari al 19,88%) e 3,2 miliardi dal FSE (pari al 20,11%).
L’avanzamento finanziario, sulla base dei dati aggiornati al 31 maggio 2011, evidenzia per l’obiettivo «Competitività» un livello del 21,7% del contributo assegnato, per i pagamenti, e del 41,4%, per gli impegni. Per quanto riguarda l’obiettivo «Convergenza», destinato alle regioni meno avanzate (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, cui si aggiunge la Basilicata a titolo transitorio), il contributo stanziato è di circa 43,6 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2007-2013: di questi, circa 22 miliardi di euro sono cofinanziati dallo Stato attraverso il Fondo di Rotazione (pari al 50,37%), mentre 17,8 miliardi sono cofinanziati dal FESR (pari al 41,02%) e 3,7 miliardi dal FSE (pari all’8,62%). Il livello di attuazione complessivo dell’obiettivo «Convergenza», più lento di quello della Competitività, è pari, rispettivamente, al 10,94% per i pagamenti e al 33,20% per gli impegni (aggiornamento 31 maggio 2011). Sulla base dei gravi ritardi nell’attuazione degli
interventi, è intervenuto il CIPE per avviare una processo di riprogrammazione e accelerazione della spesa.
Il “Piano nazionale per il Sud”

Dopo mesi di annunci e confronti, il Consiglio dei Ministri del 26 novembre 2010 ha varato il “Piano nazionale per il Sud”: un atto di impegno politico e di indirizzo  strategico avente come scopo la riduzione del divario territoriale tra la macroarea meridionale e il resto del Paese. Il documento è la più evidente testimonianza della maturazione di un’esigenza condivisa di rilancio e revisione della politica per il Mezzogiorno, nell’ambito della più ampia strategia Europa 2020. Gli obiettivi del Piano sono perseguiti attraverso otto grandi priorità: tre “Priorità strategiche di sviluppo” (le infrastrutture, l’ambiente e i beni pubblici; le competenze e l’istruzione; l’innovazione, la ricerca e la competitività) e cinque “Priorità strategiche di carattere orizzontale” (la sicurezza e la legalità; la certezza dei diritti e delle regole; la trasparenza e l’efficienza della Pubblica amministrazione; la Banca del Mezzogiorno come sistema finanziario per il territorio; un sostegno mirato e veloce per le imprese, il lavoro e l’agricoltura, a partire da un riordino degli incentivi). Il Piano, però, non solo non prevede risorse aggiuntive, ma, anzi, mentre veniva annunciato il CIPE riduceva le risorse aggiuntive del Fas: in questo modo, le risorse complessivamente disponibili provenivano, per una parte, da risorse rivenienti dalla programmazione 2000-2006 e, per il resto, da ciò che è rimasto dopo i significativi tagli degli ultimi
anni, fino a caratterizzarsi per una dotazione singolarmente inferiore a quella prevista prima dell’approvazione del Piano stesso. Inoltre, un passaggio decisivo, che conferma lo stretto legame tra Piano Sud e attuazione della delega sul federalismo fiscale, è stato, da un lato, l’approvazione del decreto legislativo di attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42 del 2009, in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (art. 119 comma quinto della Costituzione), e dall’altro, l’adozione del decreto interministeriale di attuazione
dell’articolo 22 della legge n. 42 del 2009 in materia di perequazione infrastrutturale. Ma l’attuazione del complesso sistema strategico per il perseguimento del riequilibrio territoriale necessita della «rapida ricostituzione di un ambito di cooperazione istituzionale (Centro, Regioni, enti locali, parti sociali) motivata e determinata a conseguire risultati visibili in tempi brevi in  termini di sviluppo e coesione», e occorrerà, dunque, che tanto nella fase di attuazione quanto nelle  fasi riprogrammatorie il Piano sia tenuto nella massima considerazione da Governo e Enti territoriali. Diversamente, non sarà possibile superare quegli elementi di criticità che gravano sulla
di coesione unitaria.
Cosa dice la Svimez – “La programmazione e l’erogazione delle risorse, da un lato, e l’impegno macroeconomico che lo Stato ha garantito al riequilibrio del Mezzogiorno, dall’altro, sono i due aspetti che hanno di fatto compromesso la strategicità dell’impianto della politica regionale di sviluppo. La debolezza delle politiche «speciali e aggiuntive» si è inserita in una più ampia debolezza di strategia per la crescita del nostro Paese, che ha penalizzato l’intero sistema
economico e specialmente la possibilità di avviare nelle aree sottoutilizzate una dinamica di convergenza. Il ritardo nell’utilizzo dei fondi comunitari «vede l’Italia agli ultimi posti nella classifica europea» per la cronica incapacità di attuare piani e programmi, e il fatto che anche Piano per il Sud «non prevede l’assegnazione di risorse aggiuntive rispetto a quelle già destinate al Mezzogiorno», e che la quota di cofinanziamento nazionale dei programmi comunitari resta
«assoggettata al Patto di stabilità interno che non fa altro che ritardare l’assunzione degli impegni e l’erogazione dei pagamenti alle imprese», confermano i limiti e le difficoltà di attuazione delle strategie finora adottate, riaccendendo l’attenzione sui gravi problemi irrisolti del Mezzogiorno. È auspicabile, pertanto, garantire, pure nell’ambito dell’attuazione del federalismo fiscale, una spesa in conto capitale ordinaria di dimensione «adeguata» per il Mezzogiorno, fuori dagli «interventi speciali» e dalle «risorse aggiuntive». In tal senso, si potrebbe prevedere per il «Fondo per lo sviluppo e la coesione» una dotazione di risorse iscritte in bilancio non inferiori allo 0,6% del PIL,
e che, per quanto flessibili nella ripartizione annuale, non possano risultare inferiori allo 0,4% a fine anno. Occorre, inoltre, riformare in senso «strategico» la Programmazione unitaria del QSN, in vista della necessaria «riprogrammazione» di interventi e risorse che spettano allo Stato e alle Regioni: attraverso una sede istituzionale, un luogo di coordinamento, in cui le Regioni Meridionali e il Governo assumano impegni condivisi al fine di rendere coerenti gli interventi regionali con un disegno strategico di politica di sviluppo per l’intera macroarea. Infine, per
rimuovere le cause dei ritardi che si sono registrati nella fase attuativa bisogna intervenire sul problema delle competenze all’interno delle burocrazie pubbliche, realizzando un’Agenzia per lo sviluppo e la coesione, una struttura tecnica, di supporto a tutti i livelli di governo per l’attuazione dei grandi interventi prioritari per il Mezzogiorno, e in particolare di «braccio» operativo dello Stato”.

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