fonte: DATABUSINESS
La fine del mondo, almeno per ora, non c’è stata. Il Cern di Ginevra ha messo in moto l’acceleratore di particelle più potente mai creato (Lhc), ma non si è creato il buco nero che avrebbe dovuto risucchiare la Terra.
L’infrastruttura server poggia su tre livelli. Il primo (tier 0), installato al Cern, memorizza l’insieme delle informazioni su disco e nastro (capacità rispettive da 5 e 16 Pb). Undici altri datacenter nel mondo costituiscono il tier 1. Ciascuno riceve una copia dei dati e dei metadati associati (calibraggio, condizioni dell’esperimento e così via). Infine, oltre un centinaio di altri centri costituiscono il tier 2. Tutte le informazioni sono sincronizzate in tempo reale con l’insieme dei siti remoti su database Oracle (tecnologia Streams). Gli scienziati sono così in grado di lavorare sempre sugli ultimi dati prodotti dall’acceleratore di particelle. Il tier 0 del Cern è composto da cluster di pc classici e qualche server, con i sistemi più potenti che arrivano a quattro quad core Intel: l’obiettivo è arrivare, nel 2009, a 100mila core, per poi continuare a salire nel tempo. La griglia funziona in ambiente Scientific Linux, ovvero una versione compatibile a livello binario con la distribuzione di Red Hat, il cui nucleo è stato modificato dall’It del Cern. Il sistema di gestione della griglia è un ambiente open source che fa leva, fra l’altro, selle tecnologie del progetto Globus, ma anche su sviluppi dello stesso Cern, nel quadro del progetto europeo Egee (Enabling Grids for E-SciencE). La rete interna si basa su Ethernet e il backbone su 10 Gbps, mentre le connessioni fisiche sono in fibra dedicata. Circa 2 Gb di dati transitano ogni secondo e questo richiede molta banda.
l’originale su: http://www.databusiness.it/it/article/2008/09/10/tutta_l_it_dell_acceleratore_di_particelle_del_cern
